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Le Catacombe di San Gennaro sono antiche aree cimiteriali sotterranee risalenti al II secolo e rappresentano il più importante monumento del Cristianesimo a Napoli. Il nucleo originario delle catacombe, che oggi corrisponde al vestibolo inferiore, si andò sviluppando attorno alla tomba di una ricca famiglia romana (il cui nome resta sconosciuto a causa della dispersione del materiale epigrafico) datata al II secolo. Questo mausoleo che fu donato alla comunità cristiana di Napoli e costituisce la prima sala del piano inferiore, nel III secolo accolse i resti mortali di Sant'Agrippino, vescovo di Napoli, divenendo luogo di venerazione di quello che è considerato il primo patrono della città. Dopo la costruzione, sulla tomba di Agrippino, di una basilica cimiteriale (di cui restano solo l'abside, qualche arcosolio e un mosaico), il vescovo Giovanni I (413-431) vi fece traslare le spoglie di San Gennaro (che dopo il suo martirio nell'anno 305 erano state sepolte nell'Agro Marciano). Da quel momento la catacomba divenne centro di culto del martire che tanta importanza avrà nella storia della città, e col tempo le catacombe ne assunsero il nome, divenendo così le Catacombe di San Gennaro. Questa grande devozione portò ad uno sviluppo straordinario delle catacombe: le tombe si moltiplicarono, gli ambulacri furono prolungati, nuovi cubicoli furono aperti e decorati, e quando le pareti degli ambulacri non bastarono più, le tombe furono scavate persino nel suolo. Fra il 762 ed il 764 presso le catacombe dimorò il vescovo di Napoli Paolo II, allontanato da Napoli dal partito filobizantino che seguiva la politica religiosa iconoclasta dell'imperatore di Costantinopoli. Paolo II costruì allora nel vestibolo del piano inferiore della catacomba una vasca battesimale. Nel 831 il principe longobardo Sicone I, assediando la città di Napoli, ne approfittò per impossessarsi dei resti mortali di San Gennaro che da lì portò nella sua città, Benevento, sede episcopale. Nel IX e X secolo le catacombe divennero anche luogo di sepoltura di alcuni duchi napoletani tra cui Cesario di Napoli (878). Purtroppo dopo il trafugamento delle reliquie di San Gennaro ed il trasferimento delle spoglie dei santi vescovi in città, per le catacombe cominciò un periodo di abbandono e di decadenza. Dal XIII al XVIII secolo le Catacombe di san Gennaro subirono il periodo di maggiore abbandono e di indiscriminate devastazioni. Solo nel XVIII secolo tornò l'interesse degli studiosi e le catacombe divennero una tappa obbligata dei visitatori del Grand Tour. In particolare, però, soltanto dal 1839 i visitatori poterono beneficiare di una guida ad hoc, stilata da Andrea de Jorio, archeologo e canonico della Cattedrale[1]. Durante la Seconda guerra mondiale le catacombe furono adattate ed utilizzate dalla popolazione napoletana come rifugio antiaereo, e per questo subirono ulteriori danni di non poco conto. Solo nel 1969 il cardinale arcivescovo di Napoli Corrado Ursi, dopo aver risistemato le catacombe, inaugurava il nuovo accesso (quello attuale), ed avviava una nuova campagna di scavi fra il 1971-1973 diretti da Umberto Maria Fasola della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Interni delle catacombe in una stampa del XIX secolo L'ingresso alle catacombe è collocato attualmente nei pressi della chiesa dell'Incoronata a Capodimonte ed è dotato di una scala che conduce direttamente al livello del secondo piano; qui è visibile il più antico ritratto conosciuto di san Gennaro, risalente al V secolo, che raffigura il martire tra una bambina ed una donna e con il capo sormontato dalla scritta Sancto Martyri Januario. Nel successivo ambulacro sono posti due affreschi che raffigurano la Defunta Bitalia orante e i Ss. Pietro e Paolo, pur'essi del V secolo, come pure allo stesso periodo sono databili gli altri due affreschi posti in uno dei cubicoli, San Paolo e il defunto Lorenzo e San Pietro con una figura reggente una corona. Attraversando un passaggio a tre archi, si giunge nella grande basilica ipogea, scolpita nel tufo (molto peculiare se non unica nell'architettura catacombale), superata la quale si passa nel secondo cubicolo a sinistra di un nuovo passaggio a tre archi che è affrescato con motivi tipici sui defunti (gli uccelli) e la resurrezione (la croce monogrammatica). Superata un'area cimiteriale scavata nel tufo, i resti di una struttura basilicale del VI secolo recano residui delle raffigurazioni su di una volta a botte dei primi 14 vescovi napoletani. Nella cosiddetta Cripta dei Vescovi, vi sono dei pregevoli mosaici del V secolo con raffigurazioni di vescovi, uno di essi forse raffigura Quodvultdeus, vescovo di Cartagine, cacciato dal re vandalo Genserico, giunto fortunosamente per mare a Napoli e sepolto nelle catacombe. Al piano inferiore si può entrare nella basilica ipogea di sant'Agrippino, con un altare dietro il quale erano stipate, in un'urna, le reliquie del santo ed era posta la cattedra episcopale, mentre alle pareti sono presenti dipinti del IX secolo. L'ambiente forse più interessante di tutto il complesso catacombale è il vestibolo della catacomba inferiore, ottenuto sull'orignario ipogeo gentilizio e di cui restano quattro interi sarcofagi scavati nel tufo; il soffitto è decorato con pitture di derivazione dallo stile pompeiano del II secolo mentre al centro dell'ambiente vi è il battistero del 762. Nel cosiddetto Cubicolo di San Gennaro (così chiamato in quanto per un periodo vi fu deposto il santo patrono) le pareti hanno tre strati di intonaco sovrapposti, sul più recente dei quali (secolo IX) sono stati raffigurati san Gennaro e san Procolo, diacono di Pozzuoli. Nell'ambulacro massimo vi è uno dei cubicoli meglio conservati delle catacombe originariamente per intero ricoperto da dipinti di cui restano una figura (forse Mosè o Cristo o san Pietro) ed un medaglione con tralci di vite.
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